Hans Stoltenberg Lerche

Lerche Hans Stoltenberg

Dusseldorf 1867 / Roma 1920

Sculptor, Potter, Medallist
Biografia

da Galleria Pesaro- Mostra individuale di H. St. LERCHE - 1920

(testo di Vittorio Pica)

Credo proprio di non ingannarmi affermando che delle parecchie mostre, susseguitesi, durante un biennio e con crescente e meritato successo, nelle sale della Galleria Pesaro, l'attuale, in cui il norvegese Hans St. Lerche si presenta in compagnia degli italiani Alberto Martini e Mario Cavaglieri, possa anzi debba considerarsi come una delle più interessanti e più caratteristiche. E non soltanto interessante e caratteristica, ma anche e sopra tutto gustosa riuscirà per tutti coloro i quali alle arti belle amano chiedere ora un'intensa voluttà della pupilla e ora un sottile godimento cerebrale e talvolta l'una e l'altro in pari tempo.

Aggiungerò - persuaso sempre di essere nel vero -che essa potrà inoltre servire di pietra di paragone per assodare se, siccome alcuni sostengono e siccome io sarei ben lieto di potere avere la certezza, il gusto di quella parte del pubblico milanese, la quale, da un qualche tempo in qua, compiacesi di frequentare le aste e le esposizioni d'arte e di comprarvi, con generosa facilità, quadri e statue, siasi affinato e sia divenuto più intelligente, in modo da mostrarsi più cauto nel lasciarsi conquistare dalle firme celebri e più disposto a comprendere e ad apprezzare le opere per sè stesse.

Certo è che non capita di frequente l'occasione fortunata di trovare riunita la produzione più eletta e significativa di un fantasioso originalissimo e sapientissimo rappresentante dell'odierna arte applicata con quella di un illustratore di arguta ingegnosa e suggestiva invenzione e di fattura minuta sicura e preziosa e con quella di un pittore di spontanea impetuosa e fastosa enfasi decorativa e le quali, malgrado l'essenziale e profonda diversità delle estrinsecazioni, tanto bene si accordano insieme per l'intenso schietto e squisito sentimento modernistico, che di tutte forma l'intimo sostrato.

Nato dalle nozze oltremodo feconde della terra e del fuoco, tutto un popolo variopinto e pluriforme di anfore, di coppe, di vassoi, di portagioielli, di mensole, di bassirilievi e di statuette in creta, esposte volta a volta a Parigi ed a Pietrogrado, a Roma ed a Berlino, a Torino ed a Venezia, a Faenza ed a Milano, hanno servito; nell'ultimo ventennio, a fare conoscere in Italia e all'estero è a fargli ammirare, sotto gli svariatissimi suoi aspetti, la fervida e originale immaginazione inventiva e la singolare perizia tecnica che collocano Hans St. Lerche in un posto d'onore all'avanguardia dei ceramisti dell'ora attuale.

Forse i francesi Cazin, Chaplin e Dammause, forse qualcuno degli espertissimi artefici dell'americana “ Rookwood Pottery “ danno ai loro vasi e ai loro vassoi sagome più correttamente armoniose e hanno trovato per essi vernici traslucide o luccicanti che attestano un più sicuro ed elaborato magistero di tecnica, benché fra le guantiere e le scodelle di Lerche ve ne siano alcune presentanti impasti di verdi e di turchini, accordi di tinte squillanti o in sordina, sottili reticolati di screpolature dietro l'ultima coperta di vernice e certi briosi fulgori gemmei sotto il bacio della luce, fatti proprio per ammaliare lo sguardo del più raffinato collezionista di prodotti dell'art de la terre, siccome soleva chiamarla quel Bernard Palissy che di essa fu nel Cinquecento l'iniziatore geniale in Francia.

Credo però che nessuno, fatta eccezione pel mirabile artista, morto troppo presto, che fu Jean Carriès o per Niusei, Henzan e qualche altro degli impareggiabili maestri delI'Estremo Oriente, abbia dimostrato, nel foggiare e decorare la creta, maggiore facilità, maggiore fecondità, maggiore novità del nostro Norvegese.

Le opere sue più leggiadre, più attraenti e più tipiche sono, a mio giudizio e per mio gusto, quelle in cui ha chiesto suggerimento per la decorazione dipinta o a rilievo sia alle orchidee e ad altri fiori di serra, sia al mondo leggiero elegante e variopinto dei lepidotteri, sia, e meglio ancora, alla stravagante eppure vaghissima fauna delle profondità marine.

Pure ricorrendo quasi sempre alle forme del regno animale o del regno vegetale più insolite e bizzarre, troppo a lungo e a torto trascurate come motivi ornamentali dai suoi predecessori in arte, il Lerche, negli oggetti in argento bronzo o stagno, porta-gioielli o vasi da fiori, da lui foggiati con grazia disinvolta e piacevole, mostrasi evidentemente preoccupato sopra d'ogni altra cosa di suscitare raffinate sensazioni estetiche con lo sposare, con audace buongusto, le sostanze più diverse per tessitura e per colorazione, prendendo, ancora una volta, esempio da quegli schietti e magnifici artifici dell'antico Giappone la cui influenza, sagacemente naturalistica, tanto ha giovato al fiorente sviluppo della sua individualità artistica.

Dall'unione della forbita opacità della massa metallica col luccicore sanguigno del corallo, con l'iridazione a sostrato argentino della madreperla, con le trasparenze torbide delle corniole, con quelle lattiginose e a focarelli delle opali e con quelle luminosamente cristalline degli zaffiri e degli smeraldi, il Lerche riesce quasi sempre ad ottenere effetti molto gradevoli alle pupille e di una seduzione poeticamente suggestiva nella brillante loro eleganza.

In quanto ai suoi gioielli, anche essi ci si presentano con uno spiccato carattere di originalità, che li fa a prima vista distinguere da tutto quanto Francesi o Belgi, Inglesi o Tedeschi, Olandesi o Ungheresi vanno tentando, già da parecchi anni e con successo maggiore o minore, per trasformare e rinnovare questa così importante branca d'arte applicata.

Giovandosi spesso dei prediletti motivi della flora da stufa e della fauna terrestre e degli abissi marini e altre volte delle bislacche figurazioni dell' idolatria dei popoli selvaggi o delle grottesche deformazioni medievali della maschera umana, egli adopera l'argento a preferenza dell'oro per incastonarvi o sospendervi, con delicata ingegnosità, accanto agli smeraldi, ai rubini e ai topazii, quelle lattiginose opali dai luccicori ambigui per cui nutre una spiccata predilezione, nonché quelle pietre di vago aspetto ma tenute a disdegno pel troppo modesto loro valore pecuniario e quelle perle sbilenche da cui la gioielleria moderna ricava, da qualche tempo in qua, assai gradevoli effetti decorativi. Guardando gli spilli i fermagli e gli anelli che formano la piccola suppellettile di gioielliere del multiforme artista norvegese, il quale ad esso evidentemente non consacra che soltanto una piccola parte dell'instancabile laboriosità delle sue mani industriose e della sua mente in assiduo fermento inventivo, mentre se ne ammirano i pregi non comuni, non può non osservarsi che, fatta qualche rara per quanto preziosa eccezione, essi, per certa sintetica volontaria rudezza di forma e per certa pesantezza sovraccarica di decorazione, appaiono adatti più ad ornare la muscolosa forza virile che la vezzosa gentilezza muliebre.

La ricerca oltremodo lodevole del Lerche di ampliare sempre più e di rinnovare di continuo il campo delle proprie ricerche d'arte applicata, dovevano persuaderlo, qualche anno fa, di servirsi dell'esperta e disinvolta perizia tecnica di 7 alcuni operai della fabbrica dei fratelli Toso per tentare di dare nuove foggie e nuove colorazioni a quei vetri di Murano, cosi vagamente poetici nella deliziosa loro fragilità, i quali, sia incuria, sia pigrizia cerebrale degli artefici veneziani, sono rimasti da secoli immobilizzati nei vecchi tipi.

Il più trionfale dei successi sorrise, e con ragione, nella decima delle mostre internazionali d'arte della città di Venezia, al tentativo ardito dell'artista nordico, tanto più che esso, sotto l'impulso irrequieto ma tenace di una fantasia, che, se talvolta presenta esuberanze ed intemperanze alquanto barbariche, trova però sempre nuovo incentivo nello studio continuo e appassionato dei tre regni della natura, da cui egli compiacesi di attingere l'ispirazione, si è, di anno in anno, trasformato e perfezionato. Rinunciando alle eccessive contorsioni e alle sbavature e alle sgocciolature zuccherine dei primi vasi e delle prime scodelle, esso è giunto alle aggiunzioni aristocraticamente squisite dei policromi luccicori degli smalti, che rendono degni i più recenti fra i porta-fiori e le coppe del Lerche di stare degnamente accanto ai prodotti raffinati di quei sapientissimi maestri moderni dell'arte vetraria che sono il francese Gallé, il tedesco Koepping e l'americano Tiffany.

Alcune statuette in ceramica smaltata e varii busti in terracotta ed in bronzo ci dimostrano che il Lerche, come scultore, ora si attiene a un'oggettiva esattezza veristica di una virtuosità fredda e alquanto compassata e ora subisce l'influenza accademicamente neo-classica dell'odierna monotona ed artificiosa statuaria alemanna. Bisogna però subito aggiungere che in qualche ritratto, come ad esempio in quelli dei drammaturghi Ibsen e Bjorson e dei pittori Max Liebermann e Serra, egli, pure attenendosi, con encomiabile scrupolo, alla rassomiglianza fisica, ha rivelato la dote non comune di sapere cogliere l'espressione psicologica di una fisionomia di pensatore o di artista.

Ma laddove il Lerche, che si è rivelato artefice eccellente anche in alcune leggiadre e bizzarre medaglie, è riuscito a raggiungere, come scultore, una straordinaria efficacia raffigurativa è nella minuscola statua in bronzo, salvatasi direbbesi quasi per miracolo dalle furiose fiamme dell'incendio della mostra d'arte decorativa di Milano del 1906 e la quale rappresenta Leone XIII sul trono papale, mentre stancamente solleva la mano per benedire la folla e piega la testa emaciata sotto il grave peso del triregno. Avendo vissuto, durante la sua esistenza di eccezionale attività, in paesi profondamente diversi quali sono la Norvegia e la Francia, la Svizzera e l’Italia, in cui già da molti anni ha preso stabile dimora, avendo appreso a comprendere e ad apprezzare le più opposte tendenze dell'arte odierna; avendo subito, volta a volta, le più diverse influenze estetiche dell'Europa settentrionale e meridionale, nonché dell'America e dell'Estremo Oriente, accettandone solo ciò che gli è sembrato omogeneo all'indole propria e adatto a rafforzarla ed a svilupparla, Hans St. Lerche, nella svariata abbondante e piacevolissima sua produzione, merita proprio di essere considerato come uno dei campioni più originali e caratteristici della spregiudicata ed ardimentosa arte cosmopolita che è un frutto speciale dell'età nostra.

 

 

Bibliografia

Galleria Pesaro - Mostra individuale di H. St. LERCHE - A. MARTINI - M. CAVALIERI - Milano 1920

Emporium - 1906   1910   1914   1920   1922   1923

 

Opere

Coppa 1923 - Galleria di Arte Moderna di Genova

Busto di Antonio Barone - Galleria Nazionale di Arte Moderna di Roma

Busto di Leonardo Bistolfi - Galleria Nazionale di Arte Moderna di Roma




 

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