Francesco Coleman
Coleman Francesco
Roma 1851 / 1918
Painter
Biografia
Figlio del pittore e acquafortista Charles Coleman e della bella modella, originaria di Subiaco, Fortunata Segatori, nonchè fratello del più celebre Enrico Coleman, apprese i primi rudimenti dell'arte proprio in famiglia, completando poi gli studi all'Accademia di San Luca, dopo aver frequentato l'Accademia di Giggi.
Ebbe studio a Roma in via Margutta 33 e nell'ambiente degli artisti venne chiamato il ‘bibbiaro’, questo “distinto acquerellista sempre passato sotto silenzio”, come osservò Livio Jannattoni, tanto riservata e appartata sembra essere stata la sua vita, vissuta sempre all'ombra soverchiante della fama del padre e più ancora del fratello Enrico, il ‘capoccetta’ dei XXV della Campagna romana.
Nel 1891 entrò a far parte degli Acquerellisti, esponendo "Costume dal vero"; alla mostra del 1900 era presente con "Il cieco", "Sotto l’olmo" e "Africanella"; a quella del 1902 esponeva "Presso Roma" e "Carlo Colonna in Fiandra", a quella dell'anno seguente "La tana del Lupo" e "Menu" e nel 1907 presentava "Una favola", "Una tazza di latte" e "Musica primitiva"; nel 1910, poi, "Ritorno dal cameo", "La bestia", "Un bagno" e "Un soldo"; nel 1912, infine, "La Vestale".
Pittore di genere, riuscì particolarmente abile nella figura, trattata quasi sempre con una vena sottilmente satirica, e come animalista, memore della lezione del padre, pur nei pochi saggi, fu gradevole ed espressivo; sentì poco il paesaggio, ma in compenso fu attratto dalle scene di vita popolare, di ambientazione storica e orientaleggiante, che rese con una ironia tutta sua da farsi perdonare anche la ‘maniera’.
Per i suoi meriti di acquerellista nel 1887 ottenne, con Edoardo Navone, il diploma d'onore a Dresda.
Ebbe studio a Roma in via Margutta 33 e nell'ambiente degli artisti venne chiamato il ‘bibbiaro’, questo “distinto acquerellista sempre passato sotto silenzio”, come osservò Livio Jannattoni, tanto riservata e appartata sembra essere stata la sua vita, vissuta sempre all'ombra soverchiante della fama del padre e più ancora del fratello Enrico, il ‘capoccetta’ dei XXV della Campagna romana.
Nel 1891 entrò a far parte degli Acquerellisti, esponendo "Costume dal vero"; alla mostra del 1900 era presente con "Il cieco", "Sotto l’olmo" e "Africanella"; a quella del 1902 esponeva "Presso Roma" e "Carlo Colonna in Fiandra", a quella dell'anno seguente "La tana del Lupo" e "Menu" e nel 1907 presentava "Una favola", "Una tazza di latte" e "Musica primitiva"; nel 1910, poi, "Ritorno dal cameo", "La bestia", "Un bagno" e "Un soldo"; nel 1912, infine, "La Vestale".
Pittore di genere, riuscì particolarmente abile nella figura, trattata quasi sempre con una vena sottilmente satirica, e come animalista, memore della lezione del padre, pur nei pochi saggi, fu gradevole ed espressivo; sentì poco il paesaggio, ma in compenso fu attratto dalle scene di vita popolare, di ambientazione storica e orientaleggiante, che rese con una ironia tutta sua da farsi perdonare anche la ‘maniera’.
Per i suoi meriti di acquerellista nel 1887 ottenne, con Edoardo Navone, il diploma d'onore a Dresda.