Italo Orlando Griselli

Griselli Italo Orlando

Montescudaio - Pisa 1880 / Firenze 1958

Pittore, Scultore
Biografia

da A.M. Comanducci ediz 1962

Nato a Montescudaio nel 1880, visse a Firenze ove morì nel 1958. Accanto alla più nota sua attività di scultore è quella di pittore. Viaggiò per tutta l'Europa, ove lasciò le opere della prima maturità. "La pittura gli serviva, forse, a scontare qualcosa, a pagare un necessario pedaggio alle molteplici sollecitazioni che un artista non poteva nè doveva ignorare; donde poi usciva pronto e disposto a riaffermare, nella scutlura, una visine chiara, precisa, inconfondibile" (B. Nardini). Alla retrospettiva (1959) in Pisa figuravano sedici dipinti, tra cui: "Autoritratto con fiocco rosso" (1903); "Autoritratto" (Leningrado, 1919); "Donna al caffè" (Berlino, 1921); "Autoritratto" (Firenze, 1944); "Ragazza in blu" (Firenze, 1947); "Studio di frutta con maiolica" (Firenze, 1954).

 

 

da La Galleria Pesaro - Mostra individuale di Ubaldo OPPI, Italo GRISELLI e Emilio MALERBA - 1927

di Raffaello Franchi

L'arte sculturale di Italo Griselli può sorprendere il pubblico col senso strano di antiquata modernità proprio alle opere che non sono legate alla moda di un momento. Noi ammettiamo che non si debbano adoperare troppe classificazioni per definire l'opera d'arte; pura o decorativa non importa, essa non ha diritto a chiamarsi opera d'arte se non arrivando a esprimere almeno un piccolo soffio di vita. Ogni artista restituisce a nome di molti uomini quello di cui la vita lo regalò insieme a codesti compagni del suo tempo, la vita provvede, insomma, al proprio monumento e, attraverso i secoli, cancellando l'espressioni divenute inutili o caduche, fa sì che codesto spiritual monumento non s'accresca in una spropositata mole. Affermata questa concezione morale dell'arte ci sentiamo più sicuri - nel riadoprare le distinzioni consuete - che tali distinzioni ci verranno e concesse come parole povere, adatte a un attento e non pretenzioso sforzo di spiegare, con la maggior chiarezza possibile, una individuale maniera d'arte. E diremo che la scultura di Griselli, di forma e carattere decorativi almeno in numerosi esempii, non attinge questi suoi caratteri per una di quelle disinteressate compiacenze ornative che artisti di lungo mestiere si permettono quasi a giuoco, ma rampolla dall'originale primitiva sostanza poetica ond'è formato il temperamento dell'autore. Sarà bene cercar di definire che cosa s'intenda, in Griselli, per codesti elementi di preponderanza ornativa. Lo scultore ha prediletto, negli anni della sua formazione, il grottesco, stilizzazione di gesti danzati, gruppi di agreste mitologia, simbolismo di minuscoli fauni in cospetto di Veneri maestose e tenere. Ci riferiamo agli anni che correvano tra il 1908 e il 1910, quando ancora non era giunta sin qui l'onda dolce e tepida dell'impressionismo letterario e pittorico, quel tipico impressionismo di Francia che diventò parte della nostra cultura generale dopo un tempo assai lungo dalla nostra piccola rivoluzione pittorica che s'era impersonata nei macchiaioli. L'impressionismo, letterario e pittorico, trescò da noi col nuovo toscanesismo desideroso di avverare cieli più aperti e chiari di quelli che, per esempio, apparivano nella pittura troppo attenta e gocciata di un Signorini, Amor d'aria; acute note di canto lanciate in freddi e lucidi cieli che le scolpivan di più; amore, anche, degl'impossibili colori che davano per un lirico raccostamento di sensazioni disparate ma tremante, quasi soggettiva immagine della verità. Dietro a questo dilagante tepore, a questa chiarezza, tutta una maniera d'arte, moderna ma non più attuale, s'allontanava nella prospettiva d'un particolarissimo ottocento. I disegni di un Paul Gavarni o di un Honorè Daumier, ma più ancora la disegnata scrittura favolosa di un Felicien Rops apparivano agli affogati di luce di quel tempo, quasi come preziose, ammirabilissime anomalie. Le stilizzazioni sculturali di Italo Griselli appartengono a codesto fine estetismo ottocentesco in cui fu riflesso più di un lampo wildiano, arte, dunque europea, a maggiori titoli di quella ispirata soltanto dalla Francia; arte orgogliosa, anche, di questo fatto: che la nascente popolarità dell'impressionismo la recludesse, nonostante la propria sostanza europea, a un circolo, quasi, di pochi iniziati. Giuseppe Vannicola, il grande e vagabondo esteta italiano pressoché ignudo d'opere ma di cui si rammentano i nostri intellettuali che abbiano un poco vissuto in quel torno di vita fiorentina, e non fiorentina soltanto del Leonardo, fu di codesto circolo e diventò, nell'occasione d'una mostra che pare facesse rumore, esegèta attento e benevolo della scultura griselliana. Nè ci stupisce il fatto che codesta arte facesse rumore. Per il gran pubblico essa rappresentava quasi un'anticipazione della clamorosa incomprensibilità futurista, con la differenza che costì, anche restando lontanissimi dallo spirito, non era impossibile sillabare le forme, così che per ogni periodo intraveduto o conquistato erano esplosioni d'allegria quasi intelligente; si formava insomma, intorno al popolo delle ballerine scosciate e delle agresti scene satiresche, un po' del chiaro baccano orfico che ad esse non disdiceva. Dopo quanto s'è detto in un discorso necessariamente tanto generale, sarà chiaro come codesta arte del Griselli nascesse piuttosto da un istinto che dalla volontà. La sopraffazione dell'istinto sulla volontà, tenuto conto che ci pare arbitrario distinguere l'arte in pura e decorativa, l'arte essendo arte solo a patto di esprimere almeno un soffio di vita ed essendo conseguentemente mirabile soltanto dalla entità di codesto soffio, codesta sopraffazione, dicevamo, infonde ai grotteschi di Griselli una vita fonda, quasi inestinguibile. Ora è doveroso aggiungere che per essenza di volontà, s'intendeva parlare della volontà discettatrice e fredda che s'adopera alla compilazione del fatto ornativo, ossia, in povere parole, all'arte di mera decorazione. La forza volitiva di Griselli è parte del suo istinto da cui sortono opere vivaci e ancorate nel tempo anche per quella patina di antiquata modernità che dianzi si diceva. C'è un bronzo che imita la morbidezza della cera; ce n'è uno che par voglia adeguarsi alla domata e tuttavia orgogliosa durezza del ferro battuto. Codesto bronzo non c'è fantasia che riesca a dilatarlo. La vita vi suona, dentro, rattratta come in un pugno. La superficie è incantata ed ermetica quanto quella degli alberi e degli animali doveran chiuse le principesse vittime di maleficio, nelle novelle delle fate. Anche le vecchie stilizzazioni di Griselli imitavano il ferro; la lor patina le faceva sembrare opere di scavo. Così il nudo di danzatrice col ventaglio e quel gruppo d'altare di ballerine isolate che risalgono al 1910. Rinunciamo all'esame di ogni opera presa in se, dato che le sculture chiaramente riprodotte in questo opuscolo, parleranno a ciascuno in quella guisa che più s'addice alla sua personale forma d'intelligenza. Ma non possiamo trascurare un'altra prova, secondo noi decisiva, della vitale legittimità di codesti esempii di scultura griselliana; prova che docilmente ci porta a considerare quell'altra parte di scultura del Griselli che si plasma nelle forme di un realismo più tranquillo e nella linea della statuaria classica. Griselli è nato scultore; vale a dire ch'egli è nato per narrare in un linguaggio di masse, di mute lievità e pesantezze, di vuoti e di pieni, ogni sua possibilità di logica, d'ironia, di trasfigurazione ideale della vita, e perciò anche quel modo di letterario estetismo in cui si son viste nascere le sue prime espressioni. Linguaggio plastico e di plastica grave dalla quale ogni letteratura finisce con l'evaporarsi. Già nell'"Adamo e Eva" esposti all'ultima Biennale Veneziana, le massicce gambe dell'uomo, la massa dell'albero e la corposità maliziosa della donna, che tutte assieme facevano blocco, rendevano lieve, discreta, la spiritosa espressione delle figure, quasi di personaggi che venissero a riscuoter l'applauso di un'immaginaria platea. Il blocco resultava, insomma, d'una plasticità calda, granita. E questo ci spiega come il Griselli, non appena sia turbato da un'ispirazione non grottesca nè decorativa ma partecipe d'una serena commozione umana, componga le sue statue in un realismo sobrio quanto classico ed armonioso, profondamente dissimile dal classicismo volontario di quegli scultori che, avvezzi allo stilismo e al grottesco volontarî, seguitano a stilizzare anche le forme che più s'intenderebbero a una raffigurazione morbida, larga, naturale, della figura umana. L'idea poetica, a esempio, che appena accarezza il gruppo intitolato "Luci e ombre", bagna come un velo di rugiada che fosse sul punto di sciogliersi, una coppia umana trattata con mezzi strettamente veristi. Altrettanto casto è il gruppo dei "Ritmi", quello dove tre donne svolgono, l'una di poco variando rispetto all'altra, un arioso gesto delle braccia levate. In queste opere, come nei politissimi ritratti, il Griselli appare immune da quella scuola bourdelliana d'onde son derivati, consapevoli o no, quasi tutti i nostri migliori scultori moderni. L'arte di Griselli, così acutamente moderna in una delle sue sezioni, risale addirittura alla eterna modernità dei Greci in ciò che deve esprimere di più elementarmente statuario, così da scartare la dolcezza decadente di un Canova e i partiti del successivo smagrimento e del sensibilismo bartoliniano. Col quale giudizio, che vuol essere di grande onore per il nostro, non s'intende tuttavia stabilire un vero e intrinseco paragone fra l'arte, ancor suscettibile d'esser discussa, di Italo Griselli e quella dei due grandi maestri ottocenteschi.

 

Italo Griselli è nato a Montesudario in quel di Pisa, nel 1880. Fece gli studi di scultura alla R. Accademia di Firenze. Nel 1905 vinse il concorso per la figura della "Toscana" collocata sul romano Altare della Patria e, tre anni più tardi, quello per il gruppo del "Valor militare" che sorge, sempre a Roma, sul Ponte Vittorio Emanuele. Nel 1911 espose nei locali della Promotrice fiorentina un centinaio di pezzi fra pittura e scultura; arte d'avanguardia che suscitò le polemiche più vivaci. Recatosi in Russia a concorrere per il "monumento allo Zar Alessandro II" vi rimase nove anni, impedito a tornare in Patria dalla guerra prima, eppoi dalla rivoluzione. Durante questo tempo Griselli partecipava regolarmente e con successo alle Mostre nazionali del Mir-Iscustu (L'Arte e il Mondo) e ricevette, dallo Zar, l'incarico di scolpire il monumento al Granduca Costantino. Scoppiata la rivoluzione insegnò all'Accademia d'arte ricostituita dal nuovo Governo ed eseguì vari monumenti che incontrarono qualche volta, nell'eccezionale clima storico di paese, un successo assai drammatico. Nell'agosto del '21 il Griselli potè intraprendere il viaggio di ritorno facendo tappa a Berlino dove, per due anni, esercitò l'arte della pittura. Costì espose al "Grosse Berliner Kunst Austellung". Ora vive e lavora a Firenze.

 

 

Bibliografia

A.M. Comanducci - Dizionario illustrato pittori e incisori italiani moderni e contemporanei - III ediz. Milano 1962

Catalogo Mostra retrospettiva di Italo Orlando Griselli - Pisa 1959

Catalogo: Mostra individuale di Ubaldo OPPI, Italo GRISELLI e Emilio MALERBA  Galleria Pesaro - Milano 1927

Opere

Diana (bronzo) - Galleria d'Arte Moderna di Genova



 

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